Il motore Honda B16 e il sistema VTEC
Il motore Honda B16 è ancora oggi una leggenda. Bisogna riconoscere agli ingegneri giapponesi di aver messo in campo una conoscenza tecnica di tutto rispetto. Sono passati oltre trent'anni, ma il primo VTEC (Variable Valve Timing & Lift Electronic Control) va certamente ricordato come uno dei propulsori ad alte prestazioni che ha in qualche modo rivoluzionato il settore delle auto sportive prodotte in serie. A qualcuno potrebbe non piacere un 4 cilindri che gira così alto, ma la tecnologia VTEC e tutte le tematiche tecniche affrontate dagli ingegneri Honda, nello sviluppare questo motore, sono di eccezionale portata.
Sappiamo bene che i motori a combustione interna possono essere divisi in due grandi categorie: quelli con coppie basse e regimi di giri elevati e quelli, all'opposto, con coppie corpose e regimi di giri relativamente bassi. Sono due filosofie diverse per interpretare la sportività ed è un discorso che richiederebbe fiumi di parole per essere affrontato, ma non è questa la sede.
La potenza, come noto, viene calcolata come prodotto della coppia per il numero di giri (P=Mx⍵): o si lavora su una grandezza (la coppia) o si lavora sull'altra (il numero di giri). L'effetto finale è che si possono avere due motori molto diversi, ma con stessa potenza massima. Bene, il motore Honda B16 è stato uno dei motori a cui piaceva urlare per poter esprimere la propria potenza.
Non dimentichiamo che questo motore venne introdotto sul mercato quando Honda ormai occupava le pagine motori di tutti i media: era il tempo, infatti, in cui Honda rappresentava il costruttore di maggior successo nella massima formula, ovvero la Formula 1. Stiamo parlando dell'ormai lontano 1989. Come qualcuno ama ripetere... gran bei tempi!
La prima Honda che montò questo motore fu la Honda Integra XSi. Il motore Honda B16 arrivò anche in Europa e tutti lo ricordiamo sulla Honda Civic 1.6i VT, mentre la seconda generazione del B16, il B16B arrivò sulla Honda Civic Type-R del 1997. Il B16A raggiungeva una potenza di 160 HP, quindi una potenza specifica di 100 HP/litro, un obiettivo che i motoristi cercavano di raggiungere da termpo.
Per la prima volta, un aspirato di serie riuscì a mettere nero su bianco questo valore tanto agognato e a permetterlo fu proprio il sistema di fasatura e alzata variabili delle valvole, noto anche con l'acronimo di VTEC. A guidare il team di ingegneri che riuscirono in questa epica impresa ci fu Ikuo Kajitani.
La rivoluzione portata dal motore Honda B16 rifletteva una delle classiche difficoltà dei propulsori ad elevata potenza specifica: in genere, i motori che giravano alti e che cercavano la loro potenza massima ai regimi più elevati, mostravano grossi problemi di rotondità di funzionamento ai regimi più bassi. Honda risolse questo problema, generalmente legato al tipo di profilo delle camme, introducendo profili differenti, selezionabili attraverso un sistema idraulico.
Il risultato fu straordinario, vuoi per l'idea di poter passare da un profilo all'altro, vuoi per la velocità con cui il sistema idraulico gestiva il passaggio da un eccentrico all'altro.
Anche la costruzione del motore, interamente in lega di alluminio, fu qualcosa di particolarmente innovativo rispetto alla produzione del tempo. Si trattava ovviamente di un motore a corsa molto più corta dell'alesaggio o, come si definisce tecnicamente, superquadro, con un alesaggio di 81 mm per una corsa di 77,4 mm, valori che rimasero validi per tutte le versioni del B16.
L'albero motore in acciaio forgiato venne accoppiato a componenti del manovelissmo che potevano variare da versione a versione, come fu il caso del B16B che presentava pistoni con cielo più alto e bielle più lunghe, oltre che più leggere.
Il sistema di distribuzione fu in qualche modo il vero uovo di Colombo dell'intero motore e, proprio perché si trattò di un'unità capace di girare molto in alto, le valvole di aspirazione presentavano un valore elevato per il diametro del fungo che risultava pari a 33 mm. Gli alberi a camme si presentarono come lo stato dell'arte in materia, a partire dai materiali. Venne infatti utilizzato un acciaio ad elevato tenore di carbonio legato con cromo, anche questo presente in tenore elevato. Gli eccentrici producevano, nella prima versione del motore, un'alzata delle valvole di aspirazione di 10,7 mm che diventarono 11,5 mm nel caso del motore B16B. In ambedue i casi, ovviamente, venne utilizzato un sistema di richiamo delle valvole con doppia molla.
Di questo motore, ne parleremo in maniera più approfondita in altri articoli, focalizzando l'attenzione su alcuni dettagli. Qui, abbiamo voluto omaggiare, pur dedicandogli poco spazio, un motore che ha fatto scuola. Come sempre, non ci piace prendere posizioni sulle scelte tecniche di un costruttore, soprattutto quando sono di contenuto così sublime: vanno valutate nel contesto del tempo e possono piacere o non piacere. Ci sono motori che urlano, come questo, e altri che, più sornioni, hanno coppie capaci di invertire la rotazione terrestre. Quando sono progettati e costruiti bene, non possono essere messi in discussione, entrambi.
Il motore Honda B16 ha trovato larga applicazione anche presso i preparatori e, se per ovvie ragioni escludiamo il mercato nazionale, cioè quello giapponese, crediamo che uno dei paesi che ha dimostrato quanto siano elevate le potenzialità di questo propulsore siano proprio gli Stati Uniti, un luogo dove per tradizione, la potenza dei motori è stata paradossalmente cercata esattamente dall'altra parte della barricata, ovvero con grandi cilindrate, coppie corpose e regimi di giri più contenuti.
Nel corso degli ultimi trent'anni, il motore Honda B16 è stato modificato in tutti i modi. Gli hanno applicato compressori volumetrici, turbocompressori e si sono visti anche esemplari aspirati capaci di raggiungere gli 11.000 giri/min.
Archivio immagini: Honda
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