COVID-19, Rappel e auto a km 0
In questi giorni, mentre le concessionarie di auto cercano, faticosamente, di vendere autovetture in questo “dopo lockdown”, mi è passato sotto gli occhi l’annuncio di una concessionaria che pubblicizzava un’automobile a km 0 (quindi già immatricolata ma non usata) a un prezzo interessantissimo. Consultato un listino e “valorizzati gli accessori”, realizzo che lo sconto era pari circa al 50% e la voltura era compresa. Faccio notare che non si tratta di un modello a fine produzione.
Non voglio rivelare il marchio o il modello nello specifico anche perché capita quasi a tutti. Ma come sono possibili queste cose? Vediamolo insieme.
Le concessionarie, il mix di acquisto e la produzione
Quando le concessionarie sottoscrivono un nuovo contratto, o lo rinnovano, spesso vi sono delle clausole sul mix di prodotto che debbono acquistare. Ovvero se la casa ritiene di avere difficoltà a vendere un certo tipo di vettura o, più probabilmente, di allestimento lo inserisce come obbligatorio. Ad esempio se la concessionaria acquista venti station del tal modello deve anche acquistare una berlina tre volumi. Spesso questo vale anche per le motorizzazioni.
Tutto ciò origina in realtà in produzione. Le catene di montaggio spesso non sono così flessibili come si crede. Spesso i mix dei motori e delle carrozzerie non possono scendere sotto certi valori e un minimo, anche se non gradito alla clientela, deve essere prodotto. Ad esempio devo comunque produrre una percentuale di berline. Ovviamente i costruttori attraverso le loro rappresentanze nei vari paesi fanno indagini e, per capirci, la berlina non è nel mix obbligatorio in Spagna e in Romania, perché li le berline si vendono, ma lo è in Svezia e in Italia dove si preferiscono le station wagon. Accade lo stesso per le motorizzazioni e tanto altro.
La catena di montaggio non può essere “accesa o spenta” a piacere: ogni fermata e ogni avvio sono terribilmente costosi. Spesso ha un minimo di vetture di un determinato modello che deve produrre giornalmente. Supponiamo siano 500. Se poi noi decidiamo di produrne 650, ovvero il 30% in più, non è che i costi lievitino del 30%, aumentano di pochi punti percentuali, per cui può convenire produrre auto in più anche se si vendono a metà prezzo, soprattutto in un momento come questo in cui le catene di montaggio faticano a produrre e le concessionarie faticano a vendere.
Il problema dell'auto usata
La vendita di automobili a questo prezzo deprime, fortemente, il valore dell’usato. Supponiamo di avere dell’usato fresco, di uno o due anni. A seconda della tenuta del prezzo del modello, e soprattutto della marc,) potrebbe valere un 35-40% in meno del mezzo nuovo, ma se vendo una versione simile, nuova, al 45% di sconto? Ovvio che il prezzo dell’usato si deprima finendo ben al di sotto di quello di una vettura nuova, sia pure di una versione differente. E questo non è un bene per le reti di vendita. Infatti quando si stipula, ad esempio, un patto di riacquisto (il buyback) può accadere che il prezzo pattuito esca dalle logiche di mercato perché queste ultime sono state influenzate da massicce vendite di vetture a kmzero.
Le concessionarie e il Rappel
I concessionari hanno, da sempre, un sistema di sconti a crescere al raggiungimento di determinati obbiettivi. Spesso vi è un obiettivo di mercato, con un mix specifico, al cui raggiungimento (trimestrale, semestrale a volte addirittura mensile) scatta uno sconto ulteriore su tutto il venduto: il rappel.
Il termine italiano corretto è “sovra provvigione” e si usa in molti settori merceologici, non solo nell’auto. Capite che se il concessionario immatricolandosi un paio di vetture ottiene uno sconto aggiuntivo, ad esempio, dello 0,3% o dello 0,5%, su quanto venduto magari in sei mesi, non esiterà certo a “pagarsi” due automobili.
Ricordo che lo sconto è su tutte le vetture vendute nel periodo non solo su quelle due. Se poi vendesse le vetture a sconto 50% guadagnerebbe lo stesso. Ovvio che se il concessionario potesse sceglierebbe due vetture facili da vendere, ma qui interviene il mix obbligatorio e spesso in questa situazione si acquistano anche modelli che non vanno molto.
Le concessionarie e l’export
Spesso capita che il concessionario immatricoli le vetture e poi, poco dopo, le radi per esportarle. È un altro sistema per aggirare alcuni sistemi di blocco che i costruttori impongono per evitare che vetture “difficili” vengano esportate nuove su altri mercati. Il trasporto di sei/otto vetture in bisarca in un mercato dove sono più gradite ha costi minimi (circa 300 euro/vettura) e quindi si può affrontare facilmente. Accade poi che concessionarie della stessa marca si scambino vetture ovviamente se questo rientra nelle politiche della Casa.
Se non è ammesso si esporta l’usato, magari affidato come vettura di servizio ai dipendenti, in modo da raggiungere il minimo di immatricolazione e di chilometraggio (sei mesi e 6.000 km) per essere considerato usato secondo le normative UE che riguardano l’IVA e il commercio.
COVID-19, Rappel e auto a km 0: le conclusioni
Ovvio che queste pratiche siano in realtà deleterie per il profitto sia delle aziende sia delle concessionarie. Tuttavia qualcuno ha iniziato e, ora, è molto difficile uscire dalla spirale in cui ci si è cacciati. Riduzione dei margini, depressione del valore dell’usato, riduzione di delle vetture nuove vendute, insomma la cosa non fa bene ne al costruttore ne alla rete, ma qualcuno, per tappare un buco improvviso, ha deciso di fare cassa (non profitti) e ora sembra impossibile uscirne.
Le case che non usano questi sistemi sono pochissime, essenzialmente quelle di vetture di nicchia o di vetture molto costose.
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