La Fiat 127 e il motore 903
Nel suo libro, “I miei 40 anni di progettazione alla Fiat”, che consigliamo vivamente a qualsiasi appassionato di auto, Dante Giacosa così racconta la nascita della Fiat 127: “…Lo stile della 127 è di Pio Manzù. Aveva appena ultimato il raffinato simulacro in gesso della G. 31 quando Paolo Boano e io decidemmo di affidargli lo studio della carrozzeria per la 127. Pio, che aveva la passione per le vetture fatte per la gente, semplici, senza pretese di lusso, utilitarie, si dedicò alla 127 con grande impegno ed entusiasmo.
I suoi disegni erano di estrema semplicità, esaltata fino al limite consentito della comunicazione dell’idea. I figurini subivano un processo di progressivo delicato affinamento che sembrava voler dare l’impressione di una genuinità raffinata, sofisticata, intellettuale. Disponendo di ottimi collaboratori esperti nella manipolazione del gesso costruì, secondo il disegno che avevamo approvato, un modello che si faceva ammirare per l’estrema cura dell’esecuzione e la maestria con la quale la forma era stata adattata alle dimensioni prestabilite e agli ingombri delle parti meccaniche contenute nel cofano. Forse preoccupandosene eccessivamente, tanto che il cofano sembrava un po’ troppo voluminoso. Tuttavia il simulacro con le ampie superfici delicatamente lisciate e fra loro raccordate, modellato con amore, era attraente, per cui decidemmo di presentarlo al comitato di presidenza. La cerimonia che Pio attendeva con ansia ed emozione era fissata per le ore 8 di lunedì, il 26 maggio 1969. Ma Pio non venne. In quello stesso mattino ci fu comunicata la tremenda notizia della sua morte sull’autostrada fra Milano e Torino. Era stato a Roma a trovare suo padre. Al ritorno aveva fatto sosta a Bergamo nell’accogliente casa paterna, alta sulla collina, circondata dal verde, e là aveva passato la notte. Nel primo mattino aveva ripreso il viaggio con la sua 500 per raggiungere il Centro stile all’ora stabilita. Fu colpito da un malessere o dal sonno, oppure, come qualcuno suppose, volle manovrare il tetto apribile mentre era in marcia e perse il controllo del veicolo. Fu trovato senza vita nella piccola vettura sconvolta, fuori strada. Per qualche tempo il manichino della 127 restò là dove era stato messo per la presentazione, come dimenticato, poi, fattesi urgenti le ragioni di lavoro, cominciammo a guardarlo con senso realistico in previsione di ricavarne i disegni costruttivi per la fabbricazione. Dopo averlo più volte osservato a lungo, fummo concordi, Boano e io, nello stabilire che quel qualche cosa che ci rendeva incerti nel giudicare l’aspetto dell’insieme era causato dall’eccessivo volume del cofano. Boano, sebbene esitante nel manomettere l’opera di Pio, diede disposizione ai modellatori per abbassare la superficie superiore del cofano di qualche centimetro. Il miglioramento fu decisivo e ne fummo soddisfatti. Il modello in gesso venne approvato…”.
La Fiat 127 non ha certo bisogno di presentazione, ma quello che ci piace ricordare, in quanto ammiratori di numerose vetture Fiat, è la storia, in breve, che portò al motore 903 che contribuì a rendere celebre la Fiat 127.
Rileggiamo spesso le righe dell’Ing. Giacosa, che troverete poco più avanti, perché, ancora una volta, è con un certo piacere che riconosciamo una certa bravura della scuola motoristica italiana. L’Ing. Giacosa, così commenta nel suo testo la genesi dell’indistruttibile motore 4 cilindri da 903 cc: “Il 20 gennaio 1953, mentre ferveva il lavoro per l’inizio produzione della 103, inviai una annotazione al professor Valletta, all’ingegner Bono e al commendator Gajal, nella quale comunicavo le caratteristiche della vettura “100” nella versione definitiva: motore a quattro cilindri di 570 cc, potenza 16 CV; peso previsto della vettura a vuoto 515 kg, velocità massima 88 km/h. Questi valori della potenza e della velocità fanno oggi sorridere, mentre nel 1953 sembravano ottimi per una vetturetta utilitaria. Avevo ormai chiara in mente l’immagine della vettura anche nei suoi dettagli. Non per nulla negli anni trascorsi avevo fatto disegnare motori di piccola cilindrata a decine. Saroglia, bravissimo, taciturno come ogni vero piemontese, anche se sorpreso delle mie idee accoglieva con un pacato sorriso le spiegazioni e le traduceva fedelmente in disegni. Il motore doveva essere costruito col minor numero possibile di parti. Appena vedevo la possibilità di una benché minima semplificazione, si modificava il disegno o si ricominciava da capo. Per eliminare il tubo di aspirazione, avevo stabilito che esso fosse ricavato nella fusione della testata e il carburatore fosse quindi direttamente applicato su questa. Un lungo braccio cavo, con funzione di condotto per l’acqua, applicato lateralmente al basamento, avrebbe portato all’estremità la pompa dell’acqua. L’asse della pompa avrebbe a sua volta portato il ventilatore per raffreddare il radiatore sistemato a lato del motore. Saroglia si mostrava talvolta perplesso guardando i miei schizzi, poi si impegnava con entusiasmo e il disegno prendeva forma con piena soddisfazione, mia e sua. Il motore 100 è di una semplicità esemplare e la semplicità è sinonimo di affidabilità. Qualsiasi altro disegno sarebbe costato di più alla Fiat e ai suoi clienti. È stato costruito a milioni di esemplari, poiché con lo scorrere degli anni, aumentando di cilindrata, ma mantenendo la struttura e le dimensioni esterne, la sua vita si è prolungata sulla 850, poi sulla A 112 e sulla 127. Saroglia non ha purtroppo potuto partecipare alla felice evoluzione e al rinnovarsi del successo del motore disegnato nel 1953: morì alcuni anni dopo. Il motore a quattro cilindri posto longitudinalmente dietro l’asse delle ruote posteriori occupava tutto lo spazio nel vano posteriore della carrozzeria. Non era possibile inserire fra il motore e la parete posteriore un ventilatore e un radiatore se non allungando la vettura con aumento del peso e quindi del costo. Perciò avevo pensato di mettere il radiatore a lato del motore. Il ventilatore calettato sull’alberino della pompa dell’acqua avrebbe spinto l’aria per la ventilazione del radiatore verso l’avanti, in senso contrario al moto della vettura. Così riscaldata dal radiatore l’aria poteva essere raccolta nel tunnel centrale della carrozzeria e spinta nell’interno per il riscaldamento e fino al vetro anteriore per lo sbrinamento. Veniva così evitato l’uso di un apparecchio riscaldatore. Qualcuno, anche fra i miei collaboratori, guardava a quel disegno con qualche segno di incredulità. Pretendere di far avanzare l’aria in senso contrario al moto della vettura sembrava illogico. Invece tutto andò benissimo fin dalle prime prove. Però il convogliatore a valle del radiatore guidando l’aria verso il basso produceva una nuvoletta di polvere, sollevandola dalla strada quando a vettura ferma si accelerava il motore. Molte strade non erano ancora asfaltate. Per eliminare l’inconveniente bastò una lieve modifica alla forma del deflettore in lamiera che, comandato da un termostato, serviva a intercettare o ridurre l’uscita dell’aria proveniente dal radiatore…”.
1971-1977 - Fiat 127.
L'Ing. Giacosa realizzò anche un libro a noi molto caro, perché fu uno dei testi fondamentali che ci accompagnò nei lunghi mesi di studio nelle aule del Politecnico durante la preparazione dell'esame di Motori a Combustione Interna, Il testo è diventato un riferimento per ingegneri, aspiranti ingegneri e tecnici che desiderano approfondire le tematiche su questa macchina, intesa nel senso ingegneristico del termine, che ci ha accompagnato per oltre un secolo. Si tratta del libro con titolo Motori Endotermici di cui ve ne consigliamo l'acquisto.
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